Sabato 18 dicembre – Presidio “per un’altra scuola” del Comitato d’agitazione permanente delle scuole biellesi

CONTRO LA POLITICA DEI TAGLI ALLA SCUOLA

CONTRO IL PRECARIATO E LA DISOCCUPAZIONE SCOLASTICA

CONTRO LA RIDUZIONE DELLA QUALITA’ DELL’OFFERTA FORMATIVA

 

 il COMITATO D’AGITAZIONE PERMANENTE DELLE SCUOLE BIELLESI

 organizza un 

PRESIDIO

SABATO 18 dicembre, ore 14.00 – 18.00

a Biella, in via Italia, sotto il Comune

 

PER UNA MIGLIORE QUALITA’ DEI SERVIZI SCOLASTICI

PER UNA MIGLIORE QUALITA’ DEL LAVORO

PER UN’ALTRA SCUOLA

 

Comitato di agitazione permanente delle scuole biellesi

Chi siamo?

La risposta è semplice: siamo un gruppo di docenti, personale tecnico-amministrativo e di studenti che, per varie ragioni, sono gravemente preoccupati di fronte a quanto sta accadendo oggi nella scuola pubblica italiana. Ognuno di noi, sia pure in un ruolo differente, opera quotidianamente all’interno di essa ed ha modo di toccare con mano lo sfacelo provocato dalla “riforma” Gelmini, valutandone le conseguenze da un punto di vista strettamente operativo, al di là dei condizionamenti imposti da un’informazione non sempre accurata e non sempre attendibile. Quello che gli altri apprendono dalla TV e, forse, dai giornali, noi lo viviamo sulla nostra pelle.    A prescindere dalle convinzioni di ognuno di noi, siamo autonomi rispetto qualsiasi organizzazione politica o sindacale e siamo fieri e gelosi della nostra indipendenza. Miriamo a diventare un interlocutore attento e attivo per chiunque sul territorio si interessi ai problemi attuali della scuola.

Come siamo nati?

La nostra avventura ha inizio nel settembre scorso da una riunione autoconvocata presso una scuola biellese. Il denominatore comune che ci ha fatti trovare e ci ha uniti è il disagio che ognuno di noi prova di fronte a scelte politiche che da un lato privano la scuola di risorse economiche importanti, dall’altro mortificano e avviliscono professionalità frutto di anni di impegno e di sacrificio individuale. Non è un discorso individualistico o, peggio, corporativo: la scuola negli anni ha investito tempo, risorse ed energie insieme a noi e ora ha deciso di “rottamare” anzitempo un’intera generazione di professionisti giovani (e, ormai, meno giovani), rinnegando le sue scelte e privandosi della possibilità di funzionare correttamente e serenamente. Infatti, affinché fosse possibile ridurre la consistenza del personale in servizio, sono state composte classi sempre più affollate, spesso in spregio della vigente normativa sulla sicurezza; si è risparmiato sulle risorse destinate al sostegno degli allievi diversamente abili, rendendo la loro integrazione sempre più problematica; si sono cancellati per sempre indirizzi di studio che non solo erano stati favorevolmente accolti dall’utenza, ma che erano nati da importanti sinergie con il territorio.

Chi ci rimette?

Sarebbe puerile pensare che il personale della scuola sia l’unico a saldare il conto di queste scelte. A rimetterci sono gli utenti più deboli, quelli che provengono dalle fasce più disagiate della società, quelli tendenzialmente più prossimi al rischio di dispersione e, allo stesso tempo, meno motivati alla prosecuzione degli studi.    Ci rimettono i diversamente abili, che spesso risultano seguiti da un docente di sostegno solo per una frazione delle ore previste.   Ci rimettono gli studenti tutti, costretti a lavorare in una scuola impoverita nei contenuti e nelle risorse.

Diciamo NO a questa “riforma” della scuola

In realtà, questo complesso di provvedimenti non merita neppure di fregiarsi dell’appellativo “riforma”. Una riforma della scuola è tutt’altra cosa: è un’operazione organicamente articolata, frutto di solidi studi preliminari, confortati dai migliori esiti della ricerca pedagogica attuale e sottoposti a critico confronto con la pratica didattica corrente e con le esigenze formative che emergono da una società in perenne movimento. Quello che ci è stato propinato non è nulla di tutto ciò: è un’operazione che persegue due scopi fondamentali e tra essi correlati, il risparmio di risorse economiche e la riduzione della consistenza del personale in servizio nella scuola. Tutto ciò che è stato fatto risponde unicamente a questa logica. I corsi sperimentali, anche quelli di successo, costano: conviene eliminarli. Coprire le esigenze dei diversamente abili così come sono certificate dalle autorità competenti costa: meglio concedere graziosamente la metà di quanto richiesto, o meno. Attuare una seria didattica laboratoriale costa in attrezzature, prodotti di consumo e personale: meglio dimenticarsene. Chiamare questa “riforma” è pura e semplice mistificazione.

Cosa possiamo fare insieme?

Siamo profondamente convinti che il primo passo per consentire alla scuola di “tornare sui suoi passi” sia raggiungere una piena consapevolezza di quanto è accaduto e di quanto sta accadendo. Questa condizione deve realizzarsi dentro e fuori dalle sue mura, nella società, della quale la scuola è parte integrante e qualificante. Anche tra coloro che in essa operano quotidianamente, non sempre vi è piena coscienza di quanto sta accadendo, mentre la società civile sembra ancor più lontana e ripiegata su se stessa.     Nessuno di noi ha in tasca una soluzione pronta, nessuno di noi si illude che i nostri sforzi possano davvero portare ad un concreto capovolgimento della situazione in tempi brevi.     Se non possiamo intervenire per cambiare le cose, possiamo però lavorare per gettare luce su ciò che ci circonda, combattendo la disinformazione sistematica e la mistificazione strutturale che ci hanno condotti qui dove siamo.    Ognuno di noi può dare il suo piccolo contributo affinché la realtà dei fatti appaia in tutta la sua evidenza nella scuola, nella società, nel Paese tutto.

Il Comitato d’agitazione permanente delle scuole biellesi,  Biella  dicembre 2010

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