Raid israeliano in un centro medico di Betlemme

 

Raid israeliano in un centro medico di Betlemme

di Chiara Cruciati

Irruzione nel centro Al Sadaqa, dal 2000 impegnato a fornire cure alle famiglie povere del distretto. Confiscati computer e cartelle cliniche. Arrestati un medico e un impiegato.

Martedì mattina, 8 aprile, i medici e gli infermieri del centro medico Al Sadaqa di Betlemme si sono trovati di fronte all’ennesima sorpresa non gradita: prima dell’alba, tra le 4.30 e le 6, l’esercito israeliano ha fatto irruzione nel centro, distrutto la porta di ingresso e quella degli uffici dell’amministrazione e confiscato computer fissi e portatili, documenti della contabilità e alcuni fascicoli con le cartelle dei pazienti.

“Abbiamo scoperto quanto era successo al mattino – ci spiega uno dei medici del centro, che chiede di restare anonimo per motivi di sicurezza – Abbiamo subito aggiustato le porte e rimesso in ordine gli uffici e i laboratori per non spaventare i pazienti. Abbiamo anche acquistato un nuovo computer portatile, ma il problema è che abbiamo perso tutti i dati informatici, compresi quelli riguardanti i pazienti: quali medici li seguivano, quali malattie pregresse avevano e quali terapie seguivano. Abbiamo tutto sul cartaceo, ma dovremo ritrasferire tutto. In media al mese visitiamo tra le 5mila e le 8mila persone”.

Le famiglie più povere della città e del distretto: dal 2000, quando è nato su iniziativa di due medici, detenuti politici di Israele nella stessa prigione, il centro Al Sadaqa si occupa di fornire cure mediche ai meno abbienti della città di Betlemme e dei villaggi intorno. Ovvero, coloro che non possono permettersi le cliniche private e che difficilmente riescono ad accedere agli ospedali pubblici a causa delle lunghissime liste d’attesa.

“Non è la prima volta che il centro subisce un raid simile. Stavolta i danni sono stati lievemente minori, perché penso stessero cercando qualcosa di preciso e se ne sono andati quando lo hanno trovato. Ma hanno arrestato due membri dello staff, un impiegato e un medico. L’impiegato è Khalil Zawhare, è stato arrestato la stessa notte a casa sua, mi ha avvertito la moglie. È stato in carcere 12 anni, era stato rilasciato pochi mesi fa. Il giorno seguente hanno arrestato il nostro pediatra, Walid Al Mzhien, mentre tornava a casa nel campo profughi di Arroub. I soldati israeliani lo hanno fermato all’ingresso del campo, lo hanno fatto scendere dalla macchina e lo hanno portato via. Non sappiamo dove siano”.

In questo periodo il centro Al Sadaqa è impegnato nel rinnovo della palazzina, a pochi passi da Cinema Square a Betlemme: verrà aggiunto un piano dove verrà aperto il Day Hospital, mentre il pianterreno ospiterà il pronto soccorso. Ad oggi sono cinquanta i membri dello staff, tra medici, infermieri e paramedici, compresi 18 specialisti, dal pediatra al cardiologo, dall’otorino all’ortopedico. I pazienti che non possono pagare nulla ricevono cure gratuite e, quando possibile, anche medicinali, molti dei quali donati da organizzazioni italiane. Chi può permetterselo, paga un ticket di 30 shekel.

Dopo il raid, il centro ha presentato denuncia all’Autorità Palestinese, consapevole però che non potrà fare nulla: “Hanno le mani legate, anche se siamo in Area A”.

“Questo raid è un altro schiaffo in faccia, ma dopo ogni schiaffo diventiamo più forti – ci dice il medico – Abbiamo avuto una riunione con tutto lo staff il giorno dopo l’invasione: ci siamo detti di andare avanti. Questo raid, il furto di attrezzature e documenti, non ci devono fermare. Continuiamo con il nostro sogno che è quello di dare un ospedale il più efficiente possibile ai poveri di Betlemme”.

“L’importante in questo momento è resistere, anche senza grandi azioni, solo continuando a sopravvivere. Continuando a lavorare sapendo che ancora siamo in grado di respirare, di essere voce di chi non ha voce. Anche restando in silenzio, ma lavorando e esistendo”.

Gli ostacoli per la sanità nei Territori Occupati restano. La situazione ce l’avevano spiegata un mese fa, durante una visita a Al Sadaqa: “Per noi palestinesi di Gaza e Cisgiordania è difficile uscire per ricevere adeguate cure mediche perché Israele non ci rilascia il permesso. Molti dei medicinali, poi, qui non arrivano perché non vengono fatti entrate, come quelli per curare l’ipertensione, il diabete e le diverse forme di tumore. Alcune medicine di arrivano dall’Italia, soprattutto dall’Associazione di Amicizia Italo-Palestinese, che ci ha anche regalato apparecchiature per le analisi specialistiche”. Il prossimo 20 aprile un nuovo gruppo italiano farà visita al centro Al Sadaqa per consegnare altri medicinali.

( Fonte: NenaNews )

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