La parabola di Napolitano, quella del PD e i rischi della svolta autoritaria…

Molti anni fa Giorgio Napolitano nel PCI era migliorista, cioè incarnava l’anima socialdemocratica del Partito Comunista, non si poteva dire ma aveva un grande seguito, spesso silenzioso, che accarezzava l’illusione della socialdemocrazia in una fase in cui anch’essa entrava in crisi, forse prima del “socialismo reale” (leggi URSS)…

Con il fallimento della socialdemocrazia in Europa e del “comunismo reale” ovunque nel mondo si è fatta strada  l’esperienza che ha portato alla nascita del PD, quale espressione di un “liberalsocialismo” che crede che questo sia l’unico mondo possibile e che sia migliorabile con “la pratica del buon governo”: il paese normale di dalemiana memoria.

Da ciò prende forma non solo la difesa del mercato e del sistema economico-finaziario, ma anche la convinzione che per realizzare il “buon governo” sia necessario dare più potere all’esecutivo, anche se questo penalizza la rappresentanza, rafforzando le prerogative del governo.  La proposta di legge elettorale  di Renzi (non a caso concordata con Berlusconi) e le riforme costituzionale (già avviate nel ventennio berlusconiano) sono la testimonianza del processo in corso.

La crisi della politica e del sistema dei partiti, prima, e la crisi economica, dopo, hanno favorito un processo di “sospensione della democrazia” con la nascita di tre governi del Presidente (della Repubblica): Monti, Letta e Renzi.

L’emergenza economica e istituzionale diventano così il cavallo di Troia per avviare le riforme necessarie a rendere l’esecutivo (il governo) stabile e onnipotente (i voti di fiducia e i decreti legge sono lo strumento immediato) sottraendo spazio al parlamento e di conseguenza ai cittadini.   Le riforme costituzionali sono lo strumento principale per rendere definitivo questo mutamento!

Ma l’ultimo colpo del Presidente assume il segno definitivo della presa di distanza anche dalla cultura politica socialdemocratica: l’invito alla prudenza nella scelta delle spese militari (in riferimento all’acquisto degli aerei F35) per non cadere in “demagogie antimilitariste”…

Il ciclo si è così concluso anche dal punto di vista culturale e ideologico.   Per Napolitano (come ci ha raccontato durante il 150°) il processo di costruzione dell’Unità di Italia non poteva che andare in questo modo ed è stato una “lotta di popolo” e la Resistenza, in assoluta continuità, è stata una tappa di costruzione dell’unità nazionale (sic!); la priorità della stabilità dell’esecutivo ha prevalso sulla qualità della democrazia ed è una scelta obbligata e necessaria; l’adesione acritica alle scelte economiche dell’Europa e alle politiche militari della Nato sono ribadite continuamente…

Però Napolitano è in ritardo, anche per compiere la scelta di diventare un liberale e… rischia di trascinare, con la direzione Renzi, il PD verso una strada senza ritorno…!

Vedi anche questi articoli apparsi su il manifesto…

Viale, Come i media preparano un regime

Petrella, La tenaglia di mercato e finanza

 

 

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